Antifragilità: l’apologia dell’errore
a cura di Rosanna Accordino
“Sbagliando s’impara”, recita un vecchio detto popolare, eppure i fallimenti vengono condannati e scoraggiati, addirittura nel sistema educativo è pratica comune sottolineare gli errori decurtandoli dal risultato finale. Così l’individuo cresce con la pressione di non dover mai fallire e, guardando a modelli che sembrano inarrivabili, spesso rinuncia in partenza a perseguire i propri obiettivi.
In verità il successo è la somma di molteplici errori. Si chiama antifragilità, ed è stata studiata e approfondita dallo scrittore e ricercatore Nassim Nicholas Taleb. Consiste nella capacità di trarre vantaggio dalle avversità. “Certe cose (…) prosperano e crescono quando sono esposte alla volatilità, al caso, al disordine e ai fattori di stress, e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza. (…) L’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a se stesso; l’antifragile migliora”. [1]
Questa riflessione coinvolge ogni sfera dello scibile e può riguardare qualsiasi circostanza o condizione, personale o sociale, naturale o artificiale, pertanto la mostra Antifragilità: l’apologia dell’errore si concentra sulla tematica del fallimento, inteso come la componente fondamentale per crescere e migliorare attraverso l’esperienza acquisita. Tanti piccoli errori che diventano la base per imparare a gestire eventi imprevedibili e di più grave entità.
Attraverso un percorso di mostra concettuale e introspettivo, si attraversano quattro fasi di crescita personale: la consapevolezza del sé e l’individuazione dei punti deboli e quelli di forza; la liberazione da schemi precostituiti che non assecondano le inclinazioni individuali; la possibilità di percorrere nuove strade; la scoperta della propria unicità.
[1] TALEB N.N., Antifragile. Il Saggiatore, Milano, 2013, pag. 21.
Riflessioni, progetto artistico di Alfonsina Sica, introduce lo spettatore nell’analisi sull’antifragilità. È un’installazione composta da cinque stampe-sculture realizzate con carta Fabriano Tiepolo. La stampa calcografica incontra quella digitale attraverso un dialogo che inizia già durante la realizzazione della matrice con l’uso dell’acquatinta e della foto-incisione. L’accostamento di un pezzo con l’altro, produce una struttura organica autoportante, e la flessibilità, che per sua natura rende la carta fragile e soggetta all’usura, permette di raggiungere un equilibrio interno, seppur precario. Essa è rappresentazione della resilienza, un adattamento a circostanze sfavorevoli che però non garantisce un reale miglioramento dalle iniziali condizioni di svantaggio.
Il lavoro di Rebecca Lamona spiega metaforicamente come, intaccando l’equilibrio interno delle persone, si dia ad esse l’opportunità di percepire la realtà in modo nuovo. L’installazione Wie wichtig es ist, das Umschreiben zu lernen, l’importanza di imparare a riscrivere, è composta da fazzoletti fragili, sottoposti a lunghi trattamenti di acqua e colore per perdere la consistenza originale, disposti in una spirale, al centro della quale risalta una macchina da scrivere. Il progetto è stato elaborato durante la quarantena per pandemia Covid-19, quando era impossibile reperire materiale da lavoro, e lo spirito di adattamento ha permesso all’artista di lasciarsi ispirare da ciò che aveva intorno, dando modo alla propria creatività di coltivare l’antifragilità con una visione alternativa.
Implementare l’antifragilità personale significa agire profondamente sulla propria identità con un lavoro di cernita e di sintesi. In Ritratto d’ignoto, di Simone Meneghello, la carta, intesa come raccoglitore di parole che generano frasi, frasi paragrafi e paragrafi pagine, viene scombinata e lo scritto si libera dalla collocazione spazio-temporale impostagli dal numero. In Scarti di vita d’ignoto #2 tutta la carta ritenuta non idonea viene accartocciata e collocata all’interno di un cassetto tipografico che ne diventa cornice. Rimanda idealmente all’accumulo dei fallimenti collezionati e poi conservati come lezioni imparate, insieme a vecchie versioni di un sé in perpetua metamorfosi che convivono tra presenza e assenza su un piano simultaneo.
La carta prende consistenza e spessore attraverso le sculture di Sonia Scaccabarozzi. Mantenendo la flessibilità del suo stato più fragile, combina uno schema strutturale capace di garantirne la robustezza. Senza modificare la propria natura intrinseca, la carta è riuscita a migliorare la condizione di partenza, divenendo antifragile. Trame è un progetto che nasce nel 2015 e che negli anni ha raccolto una serie di opere dove il linguaggio della materia non è fatto solo di linee e contorni, ma anche di riflessi cromatici che con la loro inclinazione contribuiscono a caratterizzare la dinamica dei piani di osservazione, ed è evidente l’evoluzione sia dal punto di vista compositivo che artistico, frutto delle ricerche e delle continue sperimentazioni dell’artista.
La ricerca materica conferisce alla carta una nuova concezione con l’opera Verba volant di Maddalena Barletta. Le pagine arrotolate e mosse dal vento sono intrappolate in un istante eterno attraverso l’utilizzo di plexiglass sapientemente lavorato. Da strumento, la carta diventa pura idea dai molteplici significati, introducendo la tematica dell’apologia dell’errore, e con il lavoro Reading key si pone l’attenzione sulle tante interpretazioni che ciascuno è in grado di darne. In Reperti generazionali identità nascoste, la carta svanisce e restano segni scolpiti, glifi apparentemente incomprensibili, dove incisioni rupestri di migliaia di anni si confrontano con graffiti contemporanei, testimonianze dei tempi e di un’umanità in continua evoluzione.
È la parola a determinare l’evoluzione non soltanto di una società ma anche dell’individuo, che sin da bambino viene abituato a un sistema di regole e di formalismi che spesso ne ostacolano le naturali propensioni. Questo è il tema alla base della ricerca artistica di Silvia Ottobrini. Su tre tele lavorate con gesso, ink color e sale, sono disposti tre quaderni vintage sui quali si leggono le parole scritte da giovani studenti impegnati a migliorare grafia e ortografia attraverso la ripetizione e l’esercizio. Il trittico Untitled definisce i tre tempi del cambiamento: la ripetizione della parola che ingabbia nel sistema; lo scarabocchio quale atto di ribellione; la scrittura contraria che diviene simbolo di rivoluzione.
L’opera Percorsi di Sara Cerquetti racconta l’esistenza di ciascuno durante il suo svolgimento, fatta di momenti tranquilli e di momenti difficili. Le linee tratteggiate di nero segnano il percorso di vita e i buchi ne figurano le scelte sbagliate che con il tempo si rivelano essere dei fallimenti. Come accade con la superficie della tela, l’essere umano scopre di migliorare attraverso gli errori e le lotte per emergere dai propri fallimenti, che portano a un arricchimento della propria storia. I fili disposti sui vuoti della tela simboleggiano la volontà di rimediare con le proprie forze e la linea rossa che si fa strada nel caos generale diviene una nuova guida. Essa rappresenta l’amore, la passione che dona vitalità e nuove prospettive attraverso la spontaneità del segno.
I lavori di Benedetta Martini hanno come protagonista il segno. Nei disegni su carta ottenuti tramite la tecnica del monotipo, il segno è tracciato in maniera indiretta. Avvicinandosi al foglio si scorge la punta sottile che ne ha disegnato le linee e il risultato appare sensibile e leggero. La serie di opere nasce con l’intento di recuperare il nero e la spontaneità della realizzazione conferisce quella grazia e quella leggerezza tipiche della creatività del fanciullo, il quale crea il proprio mondo assecondando l’istinto e la fantasia, senza la costrizione di dover rappresentare la realtà in maniera oggettiva e razionale. Non importa se considerato un errore, lo scarabocchio è l’emblema della libertà espressiva, senza peso e senza giudizio, che asseconda un ritmo ancestrale.
La ricerca del ritmo è uno dei temi della produzione artistica di Franco Nicolosi. In Vortice, opera realizzata attraverso l’uso dell’acquerello e altre tecniche miste, viene rappresentata la pulsazione ritmica dell’acqua, sostanza da cui prende ispirazione. Attraverso questo mulinello ha origine una formazione separata in mezzo al fluire generale, che sembra quasi un elemento sbagliato nel contesto, eppure perfettamente integrato e collegato con la totalità. Astraendo questa concezione dal micro al macro, è possibile riconoscervi addirittura leggi cosmiche. L’errore è, quindi, parte integrante del tutto, generatore di cambiamenti ed evoluzioni.
Il cosmo è protagonista nei disegni su carta di Letizia Carattini. P288 è il codice numerico che identifica una coppia di asteroidi binari, pezzi di materia orbitante nell’Universo che si attraggono l’un l’altro senza incontrarsi mai. In uno spazio completamente bianco a rappresentare il vuoto, emergono due punti neri, che in lontananza si scorgono appena, nient’altro che macchie. Essi obbligano lo spettatore ad avvicinarsi per comprendere che in realtà, davanti ai propri occhi, ha due volti finemente realizzati. L’opera Una passante è una visione microscopica di uno di quei punti neri. Tra le maglie dipinte della carne si scorgono i lineamenti di uno sguardo, di conseguenza quello che all’apparenza viene giudicato un errore, in realtà nasconde qualcosa di prezioso.
Il concetto del vuoto è una parte fondamentale nell’opera scultorea di Angelo Scardino. Volti realizzati attraverso un modello in PLA circondano l’aria con schizzi tracciati a penna, richiamando l’idea del segno e della scrittura. Ciò che comunemente viene collegato alla superficie bidimensionale si stacca dal suo supporto e prende consistenza, occupa realmente uno spazio, colmando un vuoto e allo stesso tempo creandolo. Si instaura una interconnessione tra assenza e presenza che genera qualcosa di unico, alla stregua della formazione di un’individualità nuova, frutto di un profondo lavoro di trasformazione personale e di ricerca della propria identità.
UP (Unespected path) è l’opera installativa dalla forte presenza scenica, che racconta i percorsi inaspettati e mai lineari alla base di ogni cambiamento importante. Partendo da pezzi preesistenti di legno di recupero, Antonella Gerbi ricrea una forma aperta che ricorda una colonna vertebrale srotolata. Il processo creativo dell’artista si avvale sempre nella forma di partenza di un elemento anatomico, per poi ampliare il discorso in senso universale. All’interno dell’opera è inserito un elemento in plexiglass che vuole rappresentare le interferenze e gli imprevisti; l’elemento ombra è ciò che si lascia sulla terra, ma anche ciò che ciascuno si porta dentro e che solo con precisi presupposti e condizioni è possibile vedere.
Ombre marcate si fanno strada sulla superficie pittorica della serie di opere Biom realizzata da Anna Lukina. Sono resistenze poste davanti a qualcosa di nuovo che spaventa e immobilizza, mentre i colori tentano di emergere dagli strati più profondi dell’inconscio. Forme biomorfiche che per loro natura richiamano alla mente le Macchie di Rorschach e l’analisi introspettiva sulle fragilità e sui desideri. La pittura è spontanea, il colore emerge dalla cenere, ha perso i margini e i contorni di cosa sia giusto o sbagliato e teme la luce, che oltre a illuminare può anche bruciare, divenendo pura energia, vibrazione, caos e trasformazione.
L’origine del tutto è un’esplosione improvvisa, una contrazione di energia che rimbalza su se stessa e in un tempo che si dilata alla velocità della luce, genera disordine e confusione, materia in eterna accelerazione. Segni spontanei, raggi di colore invadono la superficie pittorica nell’opera Kaos, l’origine di Maura Mattiolo. Nella forma, nei colori, nelle vibrazioni vi è la rappresentazione tanto del Cosmo in espansione, quanto di un fiore nel suo massimo splendore. È il vortice di un tornado che trascina dentro di sé ogni cosa: da fuori si vede solo distruzione, ma nel proprio nucleo, nell’occhio del ciclone tutto è sereno, la forza che spaventa e genera movimento è la stessa che conduce al cambiamento.
Lo sguardo rivolto verso un palloncino, un attimo che sembra eterno e tutt’intorno il mondo che cambia, specchio di una forza che nasce dentro di sé. La diversità intesa come unicità e non più come errore diviene la scatola magica che custodisce un sogno. E Sogno è il titolo dell’opera scultorea realizzata in ceramica Raku da Laura Pagliai. Un piccolo omino si accompagna all’immensità del proprio desiderio: il termine deriva dal latino de sidera, senza stelle, ed è questa forte sensazione di vuoto, di mancanza, che genera l’ambizione di crescere, sollevandosi da terra aggrappato a quel palloncino, finalmente libero di nuotare tra le stelle.
Si torna bambini quando ci si lascia catturare dai personaggi che animano le proprie fantasie e tutto diventa possibile. Immersa è l’opera realizzata a penna su fogli di giornale da Keziat. Essa rappresenta la sensazione, l’emozione, il brivido che pervade ogni cellula del corpo quando ci si dedica a un’attività appassionante e divertente. Come i bambini perdono coscienza del tempo che passa quando sono presi dai loro giochi preferiti, allo stesso modo l’adulto rivive le medesime sensazioni quando dedica il suo tempo alle proprie passioni. L’artista crea nuovi mondi, racconta di streghe e di lupi, i classici villains delle fiabe che in verità non sono brutti e cattivi come li ritraggono, sono semplicemente sbagliati agli occhi di chi non li ha mai voluti né conoscere né comprendere.
La conoscenza di sé è un lavoro costante che dura tutta la vita. È il circense che si esercita ogni giorno perché ha un obiettivo e nulla può scalfire la propria dedizione. Neppure la paura. Il funambolo ha tutto e nulla sotto i suoi piedi, vive in equilibrio precario tra il successo del cielo e la rovina sulla terra. Come un’acrobata camminando su un filo sottile cercando di non cadere è la serie di opere presentata da Daniela Di Lullo. I colori sono accecanti, quasi disturbanti come l’indipendenza di chi non vuole più seguire le regole. Il giudizio, al pari di una folata di vento, procura un attimo di incertezza e la corda vibra. È importante non farsi prendere dal panico e respirare profondamente, perché per restare in piedi serve ancora un altro atto di coraggio.
L’evoluzione passa anche dalla ribellione. Con le opere provocatorie e stilisticamente ibride di MiTch Laurenzana, si raccontano tensioni e contraddizioni sociali. Messaggi spontanei e introspettivi basati sul concetto del pensare ad alta voce. Un viaggio creativo che invita a trarre beneficio dagli stati di disordine, approfittando degli stimoli intellettivi generati. Non dà indicazioni, ma suggerisce delle riflessioni, portando allo scoperto colui che interagisce con le provocazioni delle sue opere. Con Take care, una delle sperimentazioni più emblematiche della serie, l’artista elimina i confini tra opera e cornice che la protegge, è una cinghia a tenerle strette al pari di una cintura di sicurezza posta a salvaguardia degli affetti più cari.
Nasce come dono d’amore il progetto artistico di Marco Manicardi, che però durante la lavorazione va incontro a degli errori e ciò dà inizio a una serie di opere che nel tempo è stata declinata in diverse forme e dimensioni. Decomposizione ha come soggetto il frutto archetipico per eccellenza, la mela, identificata quale frutto proibito del peccato originale, ma anche iconico elemento magico delle fiabe e della mitologia. L’artista rende in scultura una natura morta ritratta nel suo stato marcio e corrotto. I solchi e le imperfezioni sulla buccia rimandano ai segni che il tempo lascia sulla pelle, scarabocchi che raccontano la storia di una vita. Ma nella società dell’apparenza, marcano il fallimento del non essere stati in grado di mantenersi giovani per sempre.
Nei lavori di Omar Mossali, l’errore è incarnato dalla tecnica impiegata più che dai soggetti. Le sperimentazioni compiute per giungere all’Ossidografia™, che l’autore ha ideato e brevettato, nascono da una sommatoria di tentativi, fallimenti e prove empiriche, volti a instaurare un dialogo fisico, reale, tra il gesto dell’artista e il mezzo espressivo. Dove ogni pigmento sintetico è bandito, i metalli e le sostanze naturali reagiscono: a ogni gesto di pennello, il mezzo risponde con la formazione di cristalli di ossido di colori diversi per creare in condivisione l’Immagine. Polene è la serie di opere che riproduce la figura mitologica femminile, forte e determinata, impiegata, non a caso, sulle prue delle navi quale elemento scaramantico contro le forze avverse.
Sound è il simbolo di chi vive la propria vita al ritmo di una musica che in pochi sono in grado di ascoltare. Superate le alterazioni e le difficoltà, la scultura di Lucia Cavalli è il progetto che non ti aspetti, sorprende sia per l’aspetto che per la realizzazione. Interpreta il concetto del suono trasformandolo in opera d’arte tangibile. Composta da quattro parti collegate tramite filo di ferro, è stata cotta cinque volte, di cui una specificatamente per gli accenti in oro puro che impreziosiscono il pezzo. La superficie e il suo interno sono decorati con decalcomanie giapponesi. Ha forme che incarnano l’idea di una bellezza fuori dagli schemi, quella che colpisce per l’unicità e il coraggio.
Il ritmo e la musica accompagnano l’opera Spartito di Giuseppe Negro. Si sviluppa lungo una grande superficie su cui piccoli pezzi di carbone, maniacalmente disposti, si rincorrono fino a creare una silenziosa sinfonia che solo l’occhio dello spettatore è capace di suonare. La musica e la pittura si coniugano in un continuo contrappunto di luci e ombre a scandire il tempo, elemento fondamentale nella sua realizzazione. Non un solo colore a distrarre l’occhio, ma tutto il tempo del mondo in uno sguardo: il tempo dell’attesa, della pazienza, della costanza e della dedizione; il tempo dell’errore e dell’esperienza; il tempo lento della saggezza.
Tutto corre veloce al ritmo di un battito di ciglia con il progetto artistico di Edo. È un fluire da sinistra a destra e poi da destra a sinistra. Le linee si intersecano, scorrono, si interrompono e ripartono. Il tratto delle chine su carta di cotone scorre sicuro, lasciando una scia come passaggio, testimonianza di un percorso. La goccia si espande là dove cade, creando quel movimento spontaneo come un respiro. La carta vive con una sequenza dinamica, un linguaggio, un vocabolario che l’autore suggerisce, lasciando libera l’interpretazione. Alla velocità del gesto si unisce una pace contemplativa, frutto della consapevolezza acquisita di un lungo agire.
L’illusione del Tempo è l’installazione realizzata da Ricky Bordoni. Un orologio con il quadrante ribaltato, ma perfettamente funzionante, ha bisogno di avere davanti a sé uno specchio su cui riflettersi. Riflettere, contemplare al di là dell’apparenza e del senso comune. Ma dove si trova davvero l’errore? Nell’orologio che da strumento scandisce un ritmo imposto, ma prova a ribaltare la propria rotta, o nello specchio che, freddo e inerte, mostra solo ciò che ciascuno vuole vedere? L’antifragilità insegna che il tempo riesce a vedere obiettivi profondi e nascosti, che le facoltà logiche non sono in grado di cogliere.
Egometro è un’unità di misurazione personale, spiega Annalisa Apicella, la sua ideatrice. È un oggetto antifragile che vigila sulla vita contemporanea e che non misura distanze ma progressi. Solitamente si è condizionati da un sistema di valutazione imposto dall’esterno, che frequentemente induce a sovrastimare gli altri e a sottostimare se stessi. Egometro è, invece, lo strumento di misura per l’avanzamento nel processo di crescita personale, per questo è autoreferenziale, ma mai autocelebrativo. In quanto scala personale, è impossibile trovarne uno uguale a un altro, e nessuno è mai errato, perché non esiste un modo giusto e uno sbagliato di fare o di essere. Esistono semplicemente il coraggio e l’audacia, o la loro assenza.
Talvolta il non agire implica una scelta che può condurre ugualmente a un fallimento, e l’installazione scultorea 001 di Marco Vignati affronta le tematiche della scelta e dell’azione. Si tratta di una sequenza di dodici blocchi in cemento rivestita in foglia oro. Il cemento delle lastre nasconde e custodisce al suo interno una serie di immagini legate a ricordi dell’artista. Solo il coraggio di infrangere queste opere può far scoprire il loro contenuto e ciascuno può decidere se conservare intatto il blocco o distruggerne la forma. Esercitare l’antifragilità significa impedire alla paura di ostacolare le scelte o l’azione. Agire indipendentemente dalla certezza del risultato, vuol dire aprire la porta al caso e lasciare entrare la vita.